La qualità e la determinazione degli interpreti, della regia e della drammaturgia, l’originalità dello stile narrativo, sono in grado di proiettare servomutoTeatro […] tra le proposte più interessanti della creatività giovanile, risultando meritoria di sostegno e visibilità.
Premio Scintille 2016

[servomutoTeatro rientra in una] selezione effettuata dai critici e studiosi attivi sul territorio nazionale che da trent’anni monitorano la giovane scena italiana sia sulle pagine di Hystrio, sia attraverso il Premio Hystrio, da sempre votato allo scouting dei talenti e al ricambio generazionale in ambito teatrale.
Hystrio Festival 2022


DE/FRAMMENTAZIONE

«[…] prodotto da due giovani compagnie indipendenti, servomutoTeatro e Liberaimago, DE/FRAMMENTAZIONE […] merita attenzione a applausi.»
GIULIO BAFFI, La Repubblica, 16/11/2024

«Lo spettacolo è di una bellezza travolgente perché restituisce la sensazione di stare con i piedi sul palco, seduti a tavola con i personaggi, e con i pensieri nei flussi temporali ed emotivi degli attori. Viene voglia di parlarci, di chiedere, di capire le motivazioni, le scelte, di carpirne i sentimenti e di seguire il “filo del discorso” che invece è una matassa frammentata e non lineare ma chiara, vivace, immediata.»
FEDERICA D’AURIA, PAC – Paneacquaculture 20/11/2024

«Ritmo e scrittura drammaturgica pressante per una scomposizione/de/frammentazione dei ruoli a tratti fredda, a tratti coinvolgente in ogni caso segnata da una cifra pinteriana che ribalta continuamente dentro e fuori la storia.»
DILETTA CAPISSI, notizieteatrali.it 19/11/2024

«Abbiamo un plot di semplice umanità: un uomo impotente e una triangolazione amorosa. Forse solo il racconto di “un uomo che fa il suo lavoro con un rivolo di noia”. Potrebbe essere tutto nella sua testa per riorganizzare i dati, come sembra suggerire la presenza in scena dell’assistente alla regia Irene Latronico, intenta a proiettare segmenti di pensiero. Ciò che rende interessante il testo rappresentato integralmente, e diciamolo, splendidamente, dal regista Michele Segreto, è la modalità cinematografica, fotografica, di uno storytelling che chiarisce senza mai banalizzare, distinguendo cartesianamente le evidenze psichiche di ogni emozione colta nel momento in cui potrebbero nascere. Potrebbero.»
ANITA LAUDANDO, cinquewnews.com 17/11/2024

«In scena ed in primo piano, tre attori straordinari Francesca Borriero, Michele Magni 𝘦 Roberto Marinelli […] Il dramma ben scritto dal bravissimo Fabio Pisano è intuitivo e moderno. Tutte le frammentazioni dei personaggi si incastrano perfettamente. Bravissimi gli attori.»
CULTURACLASSIC.IT 18/11/2024

«Nel sistema binario l’alternanza di zero e uno genera una stringa di comando, corrisponde ad un’operazione. Ogni bit dipende dall’altro, da solo quel minuscolo corpo cibernetico non ha senso, è privo di significato. Allo stesso modo, gli esseri umani, inviluppati in una società sterile e apatica, bramano con disperazione una qualsivoglia forma di completamento, un tassello che sia in grado di realizzare il loro puzzle di incompiutezza. Di lenire ferite, abrasioni e abbagli. Dei tragicomici risultati e delle infinite sequenze d’errore che questa ricerca genera ci parla, col suo inconfondibile stile, Fabio Pisano, con un testo deflagrante, ottimamente messo in scena da Michele Segreto.»
MARCELLO AFFUSO, Eroicafenice.com 16/11/2024

«Per settanta minuti i tre attori Francesca Borriero, Roberto Marinelli e Michele Magni sono impeccabili. Metateatro, ironia, satira e dramma sono gli elementi di questo progetto assolutamente da valorizzare […]»
SARA BORRIELLO, Napoliateatro.it 16/11/2024

«Zero (Roberto Marinelli), Uno (Michele Magni) e Moglie (Francesca Borriero) figure archetipiche che piangono, urlano, gioiscono, s’innamorano e muoiono senza che i corpi fingano di provare quello che non c’è […] sotto l’apparente nonsenso si celano domande esistenziali di grande peso, attraversate da una filosofia che stimola pensieri complessi pur mantenendo un’irresistibile leggerezza teatrale. Uno spettacolo che gioca sul confine tra il ridicolo e il sublime, invitando lo spettatore a riflettere e riconoscersi in quei frammenti di vita nascosti tra le righe della finzione.»
GAIA LUCREZIA RUSSO, Il Corriere del Teatro.com, 15/11/2024

«Francesca Borriero, Michele Magni e Roberto Marinelli interpretano tre personaggi che racchiudono il senso pieno dell’alterazione incontrollata di ciò che possiamo definire apparentemente “normale”. Uno, Moglie e Zero, sono gli ingranaggi perfetti all’interno dei quali gli attori si calano. La regia di Michele Segreto asseconda alla perfezione il tono apparentemente surreale della trama. […] Il risultato è uno spettacolo dal forte impatto emotivo, capace di interrogare e mostrare aspetti del comune quotidiano spesso nascosti o comunque complessi da interpretare. Fabio Pisano offre uno spunto notevole di riflessione, un elemento necessario per provare a vedere e leggere le trame più nascoste e inaspettate che infarciscono, piaccia o meno, il contesto contemporaneo.»
PAOLO MARSICO, Controscena.it, 15/11/2024

«In scena tre attori, Francesca Borriero, Michele Magni e Roberto Marinelli, ad interpretare i diversi ruoli di una vicenda, per certi aspetti di grande attualità […] Nomi generici -Uno, Moglie, Zero, il Didascalista- a sottolineare una condizione tristemente comune a molti, sono attribuiti ai personaggi che, aprendo le porte del loro inferno domestico, rendono partecipi gli spettatori del dramma che si sta consumando sulla scena.»
ONDAWEBTV.IT

«In DE/FRAMMENTAZIONE […], drammaturgia di Fabio Pisano, regia di Michele Segreto (di cui si erano perse le tracce dopo il magnifico PhoebusKartell) non solo si perde il senso del tempo nell’alternanza di un prima e di un dopo un certo qualcosa (per esempio il “persempre” matrimoniale) ed è presente la Didascalista, ma tutto si svolge seduti a un tavolo, molto ridotte le azioni sceniche, lo straniamento accentuato anche in particolari eventi (il parto!), evocando il modello Civica: grande fiducia al dialogo, qui con continui scarti tra commedia satirica e dramma, divertimento giallistico e assurde sconnessioni. Ma si segue volentieri, notevole la tensione d’ascolto.»
VALERIA OTTOLENGHI, Sipario, 21/07/2024

«Cosa può succedere se il maschio alfa, messo alle strette dalla consorte che vuole assolutamente un figlio, non può accontentarla perché sterile? […] DE/FRAMMENTAZIONE è un noir con spiccata vena surreale scritto da Fabio Pisano e diretto da Michele Segreto […] efficacemente interpretato da Francesca Borriero, Michele Magni e Roberto Marinelli.»
MARIO CERVIO GUALERSI, Pridemagazine, 30/07/2024


Gavroche

«Ciò che caratterizza la poetica di servomutoTeatro è la ridefinizione dei personaggi in ottica contemporanea, sempre con un intento d’indagine sociologica e denuncia della miseria morale e materiale che affligge gli infimi strati della popolazione. […] Un flashback come rottura. L’archetipo come liberazione. L’infanzia riesumata di un monello fatato subisce tuttavia la censura della vita reale, con le sue incombenze e il grigiore di un lavoro in cui le ore si assomigliano tutte. È salvifico solo il breve spazio che concediamo ai giochi dei bambini, e forse a un amore. Con un equilibrio che sa di compromesso. A rendere intrigante il lavoro, oltre alla prova esuberante di Rizzo, anche le scelte musicali rilassanti o elettrizzanti, che coniugano electro, hip hop, house e tecno con l’Indie, il rock sperimentale, un pianoforte minimalista, e ancora, le suggestioni erotiche spagnoleggianti di Ravel.»
VINCENZO SARDELLI, Krapp’s Last Post, 30/12/2022

«Scrittura sincera, giovane, a tratti rappata, ben allacciata al gesto e alla coreografia.»
Bologna Sipario, 07/04/2024


Tycoons

«La drammaturgia e la regia di Michele Segreto appare il risultato di uno studio accurato della storia di quegli anni, semplificata ma non tradita, deformata dall’impietosa lente dell’ironia; arricchita da spiritosi intermezzi musicali […] e da invenzioni a volte esilaranti. […] In tal modo l’intento apertamente didascalico dello spettacolo – un modo intelligente e originale per raccontare e spiegare un pezzo importante di storia, non soltanto ai ragazzini – si sposa felicemente con una godibile, trascinante qualità teatrale, scongiurando il pericolo della noia, sempre in agguato in questo tipo di operazioni.»
CLAUDIO FACCHINELLI, Rumor(s)cena.com, 29/10/2021

«Si parte dalla nascita della banca più potente al mondo, per arrivare a descrivere la sua influenza sulle campagne elettorali Americane, sulla politica internazionale. Da una parte il potere economico che determina scelte capaci di definire la vita di ciascun cittadino, dall’altra un universo fatto di disoccupati, anarchici, poveri e ceti bassi che si contrappongono, nel contesto del sogno americano, a magnati, broker e piccoli e medi investitori. Al centro sempre un gioco spietato basato sulle regole di mercato.»
CATERINA BONETTI, GliStatiGenerali, 18/10/2021

«Secondo capitolo di una trilogia legata alla riflessione sul sistema economico e produttivo, fra politica e mercato, lo spettacolo […] racconta le vicende, di primo Novecento, legate alla nascita della Borsa Valori e al costituirsi di un legame stringente e di forte interdipendenza fra politica e mercato. Il capitale, controllato da pochissimi detentori del potere economico globale, diventa guida delle scelte amministrative e politiche su scala mondiale e i grandi magnati – i Tycoons – modello di vita e di successo a cui ambire.»
Il Resto del Carlino, 29/04/2023

«Dopo alcuni decenni di instabilità e crisi finanziaria, in seguito a fluttuazione e speculazioni incontrollabili, la borsa sembra aver trovato finalmente una sua stabilità, anche grazie all’intervento finanziario di grandi capitalisti, i cosiddetti «Tycoon», uomini d’affari potentissimi e dotati di un patrimonio di gran lunga superiore a quello dello Stato. Finanzieri che dimostrarono la loro capacità di influenzare, con la propria ricchezza anche l’andamento e il risultato di una campagna elettorale. Si tratta di un gruppo di potere molto variegato, populisti, anarchici, broker, politici, disoccupati, magnati, ognuno ha ambizioni e velleità economiche, ricercano il guadagno, sono disposti a investire e rischiare i loro capitali e sono tutti orientati verso il medesimo obiettivo.»
PIER OTTAVIO DANIELE, La Stampa, 28/04/2023

«Spettacolo riuscitissimo proprio in quella valenza brechtiana, che riesce a dare al teatro un valore fortemente politico, mantenendo nel contempo i toni di un equilibrato “grottesco”. C’é comunque un sano retrogusto amaro, che deriva dalla constatazione che la vicenda trova un innegabile riscontro con il presente.»
PIER LUIGI GENTILE, 14/11/2023


PhoebusKartell

«Bravissimi, meravigliosamente affiatati i sei protagonisti Gabriele Genovese, Giancarlo Latìna, Michele Mariniello, Marco Rizzo, Matteo Vignati, Alfonso De Vreese, praticamente sempre in scena anche se in ruoli differenti. padroni e operai, ma anche come individualità maggiormente messe a fuoco. Immediato il riferimento a Bertolt Brecht sotto molteplici aspetti […] PhoebusKartell è prima di tutto grande teatro.» ★★★★★
VALERIA OTTOLENGHI, Gazzetta di Parma, 15/01/2019

«PhoebusKartell è il nome dello spettacolo della giovane e brillante compagnia servomutoTeatro, qui con sei attori in scena […] Scrittura e regia sono firmate da Michele Segreto, direttore di un’opera disinvolta, con cui si interroga sul sistema capitalistico di ieri, oggi immutato.»
STEFANIA LANDI, Sipario, 07/06/2020

«Da una parte capitalisti grassi che divorano tutto ciò che gli passa davanti, dall’altra operai magri, sfruttati. Viva la lotta di classe.»
DIEGO VINCENTI, Il Giorno, 15/06/2019

«Uno spettacolo divertente e attuale, che ha fatto incetta di premi»
DANIELE FENOGLIO, Luna Nuova, 15/01/2019

«Racconto corale e tragicomico con inserti musicali di sapore brechtiano.»
ALESSANDRA COSTA, Rai Tg3 Regione, 20/06/2019

«Divertente, corale, sorprendente.»
ANDREA PELOSI, Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello, 11/01/2019

«Vietato pensare a uno spettacolo statico, pieno di termini tecnici e di parole di difficile comprensione. Anzi: proprio il movimento e i termini semplici dominano la scena, favorendo comprensione e coinvolgimento del pubblico, grazie a uno stile recitativo portato all’eccesso, che diventa strumento di critica.»
VALERIA PRINA, spettacolinews.it, 24/06/2019

«Meraviglioso è il lavoro corale con cui Gabriele Genovese, Giacomo Ferraù, Michele Mariniello, Marco Rizzo, Matteo Vignati, Alfonso de Vreese danno vita al testo di Michele Segreto, grazie alla regia dello stesso Segreto e ai movimenti scenici ideati da Sara Drago e Roberta di Matteo. In quest’opera ci sono storia, politica, antropologia, scienza, etica e soprattutto c’è l’Arte, quella capace di farti uscire dalla sala diverso da come sei entrato.»
GIULIA ACCONCIA, modulazionitemporali.it, 20/06/2019

« […] una compagnia giovane, servomutoTeatro, collettivo di autori, attori e registi molto attenti all’oggi, per la rassegna «Nuove Storie. Potere. Politica. Passione» promossa dal Teatro Elfo Puccini di Milano, presentano uno spettacolo interessante e ben congegnato: PhoebusKartell. Scritto e diretto da Michele Segreto, racconta la nascita del primo cartello economico […] Gli attori, bravi nei continui cambi di personaggio e costume, per rendere un argomento arido materia di spettacolo (e ci riescono), imboccano la strada del grottesco: i padroni sono grosziani, con tanto di pancia da capitalista d’ordinanza, sono nevrotici, si muovono in modo antinaturalistico. Gli operai sono più “umani”. I song cantati sono brechtiani, cambiano le parole, ma le musiche sono di Weill e Eisler […]»
MAGDA POLI, Corriere della Sera, 19/06/2019

«PhoebusKartell presenta il gioco meschino delle grandi aziende che si spartiscono i mercati e allude – senza mezzi termini – al fatto che questo è un caso esemplificativo, perché il primo, ma sicuramente viene ancor oggi reiterato. I vincitori del Premio Scintille sono una compagnia giovane, fresca, piena di energia e brillante. I personaggi negativi sono presentati in modo grottesco, quasi nevrotici, mentre gli operai, il Professore e il suo assistente, più vicini al “popolo”, vivono di realtà e delicatezza. Gli attori si alternano tra servi e padroni cambiando continuamente e con abilità il registro recitativo. I costumi sono semplici ma indicativi e tutto si svolge in una cornice neutra, abitata da sgabelli neri. La performance è lineare, pulita, asciutta, e si permette interessanti momenti di cura del ritmo comico e tragicomico. I corpi degli attori sono prestati in tutto e per tutto alla scena: è la loro coralità – sviluppata grazie alla presenza e al lavoro di un gruppo coeso – che colpisce e si sviluppa in azioni coreografiche, antinaturali ma intense ed indicative.»
VERA DI MARCO, Milanoteatri, 05/03/2017

«L’autore dichiara in modo idiosincratico tra la voce narrante e il cartello proiettato sul pavimento scuro che i fatti narrati rispettivamente ‘non sono mai esistiti’ e che sono avvenuti realmente. Idiosincrasia, che si ritrova in tutta la rappresentazione e che riporta a quella ben più diffusa tra l’etica e la ricerca di profitto.
Lo spettacolo è costruito rispettando questo contrasto: le scene si contrappongono in soluzione di continuità alternando incontri tra i grandi industriali e momenti di quotidianità lavorativa degli operai.
[…] La vicenda, che in queste righe appare greve, in realtà è resa con toni ironici, sarcastici a tratti caustici, tanto da giungere al comico. Sicuramente è una scrittura intelligente che sa alternare riflessione e sorriso. Amaro. I personaggi sono interpretati , tornando all’idiosincrasia, seguendo il doppio binario da una parte, quella gli imprenditori, dell’amplificazione dei caratteri, tanto da richiamare alla mente l’aspetto fumettistico […], dall’altra, per gli operai, un’interpretazione più asciutta, misurata. La regia è puntuale, frutto, anche, di una intelligente condivisione di idee.»
SERENA FALCONIERI, Rumor(s)cena.com, 24/02/2019

«Lo spettacolo PhoebusKartell ci spedisce nel secondo decennio dello scorso secolo e ricostruisce le vicende storiche di una problematica oggi ancora attualissima. PhoebusKartell è appunto una storia vera ma raccontata con verve e ritmo […] uno spettacolo movimentato e a tratti esagitato, con una scenografia minimale ed una scrittura in grado di elaborare e fondere vari toni narrativi e recitato con uno stile affiatato e incalzante dai sei giovani attori (Gabriele Genovese, Giancarlo Latìna, Michele Mariniello, Marco Rizzo, Matteo Vignati, Alfonso De Vreese) della compagnia Lombarda servomutoTeatro
GIUSEPPE PROCINO, bonculture.it,13/02/2019

«Esempio di drammaturgia originale e ricca di spunti, con ottimi attori capaci di mescolare le arti sceniche […] Scelto dalla giuria tecnica tra otto proposte di altrettanti gruppi teatrali, premiato anche dal voto del pubblico.»
LA STAMPA, 24/02/2017

 «[…] I sei attori alternano servi e padroni, cambiando continuamente registro recitativo e dando vita ad una partitura tragicomica collettiva di grande efficacia.»
PADOVANDOMagazine, 05/02/2019

«La compagnia servomutoTeatro, con la regia di Michele Segreto, ha sorpreso il pubblico con un’efficace rappresentazione al Teatro Fontana di Milano, affrontando una materia complessa con toni lievi e a tratti quasi comici. Gli attori protagonisti coinvolti in scena sono sei. Un gruppo capace quindi di trasmettere un messaggio molto chiaro suscitando sorrisi e risate in platea. Il gioco delle grandi aziende induce il consumatore ad uniformarsi inconsapevolmente alle decisioni dell’industria. E così come avviene nella realtà, PhoebusKartell racconta quanto sia difficile per il consumatore di oggi uscire dagli schemi.[…] La difficoltà del tema economico rappresenta solo apparentemente un ostacolo alla sua trasposizione teatrale. E bastano poche battute sul palcoscenico per farsi subito rapire dal racconto, che trasforma una materia asettica e noiosa in una elegante presa in giro di quei poteri forti dell’economia globale spesso capaci di definire in anticipo i destini del mondo.»
BENEDETTA GRIMALDI, Birdmen Magazine, 12/11/2017

«Tutto questo è diventato incredibilmente uno spettacolo teatrale affrontando una materia complessa con toni lievi e a tratti quasi comici […] Gli attori si alternano tra imprenditori cinici e calcolatori amplificando notevolmente i loro difetti portati all’esasperazione, e operai semplici che obbediscono al padrone e fanno il loro lavoro […] come se l’ingranaggio di chapliniana memoria non possa essere mai e poi mai bloccato e svuoti anche l’anima facendo perdere anche il nome, in una società nella quale il dissenso non è ammesso. Una elegante presa in giro di quei poteri forti dell’economia globale spesso capaci di definire in anticipo i destini del mondo, ma anche un’amara constatazione dei meccanismi di consumismo e globalizzazione.»
MASSIMILIANO CAVALLO, LaGuida.it, 28/11/2018

«[Arriva a Cuneo] anticipato da una lusinghiera accoglienza di pubblico e critica PhoebusKartell, spettacolo della compagnia servomutoTeatro che ha vinto, nel 2016, il Premio Scintille del Festival Asti Teatro. Il lavoro racconta un accordo che segna il “primo esempio dell’obsolescenza programmata”, ovvero il meccanismo per il quale un bene ha una durata prevista al termine della quale va sostituito, consentendo all’industria di produrre e fare utili.
[…] Gli attori della compagnia, diretti da Michele Segreto, anche autore del testo, rappresentano l’incontro, avvenuto a Ginevra, nel dicembre 1924, tra i più importanti produttori di lampadine (Compagnie des Lampes, Philips, Tunsgram e Osram) che si accordarono per imporre che la durata della vita delle lampadine non superasse le mille ore, contro le 2500 che le nuove tecnologie erano riuscite ad assicurare. […] La pièce strizza dichiaratamente l’occhio a Brecht e al teatro d’impegno sociale e politico.»
VANNA PESCATORI, La Stampa, 28/11/2018

«L’insolita tematica scelta, quella economica, ha dato vita ad uno spettacolo indubbiamente originale, sapientemente plasmato da una commistione di fedeltà e fantasia, e caratterizzato da una grande padronanza scenica, oltre che da un elevato livello artistico […]»
CHIARA CANE, Il Monferrato, 29/01/2019

«Ieri sera ho finalmente visto PhoebusKartell di servomutoTeatro. Un tema molto interessante (l’obsolescenza programmata come nodo emblematico della storia/ degenerazione del capitalismo),  una drammaturgia intelligente che si ispira, reinventa, cita e saccheggia Brecht un gruppo di attori bravi, che si divertono visibilmente in scena quindi divertono, una regia vera […], pubblico entusiasta: insomma da non perdere. Domani è l’ultima all’Elfo Puccini e lo spettacolo ha già fatto una bella tournée, ma spero proprio che resti in repertorio (fossi un programmatore non me lo lascerei scappare).» 
Mimma Gallina, 20/06/2019

«Una commedia che ricerca costantemente toni acidi per lo spettatore, che si apre con la danza degli industriali ciccioni, grassi, sudati e con il bavaglio sempre al collo. Un coro di buffoni, meravigliosamente caratterizzati da un cast che appare maturo e consolidato, che si contrappone scenicamente a quello degli operai della fabbrica: stanchi, a volte denutriti con loro gavette vuote, disposti anche al silenzio pur di garantirsi il quieto vivere.»
Il Dolomiti, 30/01/2020

«Sei giovani attori -Gabriele Genovese, Giancarlo Latìna, Michele Mariniello, Marco Rizzo, Matteo Vignati e Alfonso De Vreese- diretti da Michele Segreto, anche autore del soggetto, raccontano una storia insabbiata di ieri, che è anche la nostra storia di oggi.»
ELISA FONTANA, Giornale di Brescia, 05/02/2020

«La produzione è firmata servomutoTeatro, l’autore e regista è Michele Segreto, bresciano, classe 1989, un cervello in fuga. Ha iniziato il suo percorso formativo 𝑖𝑛𝑡𝑟𝑎 𝑚𝑜𝑒𝑛𝑖𝑎, ma si è guadagnato i galloni fuori. La sua compagnia […] che ha preso residenza a Milano, è stata ospitata lo scorso anno al Teatro Elfo Puccini e il prossimo anno approderà al Piccolo Teatro con un nuovo allestimento […]»
NINO DOLFO, Corriere della Sera, 06/02/2020


servomutoTeatro […] è una giovane compagnia che sta emergendo come una delle più interessanti nel panorama nazionale.
FRANCESCO DE LEONARDIS, GdB 19/11/2019

Fantine

«Una rivisitazione contemporanea del personaggio emblema de “I Miserabili” di V. Hugo: Fantine, che viene traslata da una banlieue parigina a una periferia odierna, per raccontare i nostri “miserabili” di oggi. La Fantine nella visione del giovane autore ha il pregio di contenere i tratti moderni e sociologici di un’esistenza giovanile disperata senza perdere i significati classici e quindi eterni dei “I Miserabili”. È questa capacità di unire moderno e classico ad essere un punto di forza di tutta la pièce. Sostenuta da una regia interessante e originale che sa anche sfruttare le proiezioni video per regalarci spunti di riflessioni importanti sulla vita […]»
ANDREA PIETRANTONI, Sipario.it, 23/02/2018

«Fantine, il bel testo di Michele Mariniello andato in scena al Teatro Libero, ha trovato il suo cosiddetto valore aggiunto nella grande prova d’attrice d’una giovanissima Sara Drago che si è rivelata, sin dal suo spuntare dalle lenzuola d’un povero letto d’ospedale, per la sua gran fisicità e presenza scenica. Non conoscevo Sara Drago ed è stata una piacevole scoperta perché attrice di sicuro talento che occupa la scena con una padronanza da veterana consumata. Brava davvero e giustissimi i calorosi applausi che l’hanno accolta al proscenio alla fine dello spettacolo.»
ADELIO RIGAMONTI, Sondalife, 21/02/2018

«Il racconto avviene in prima persona, ma si ha la sensazione di una progressiva sparizione dell’autore. A tratti sembra venir meno addirittura la presenza della protagonista (ed è paradossale, perché la presenza scenica di Sara Drago s’impone) come se fossero i fatti stessi, per così dire, a narrarsi. La condizione misera di Fantine diventa condizione romanzesca. Lo spettatore si trova alla prova con l’ineluttabilità delle cose e con la fatalità onnipresente del cuore umano. Fantine, inerte su un letto d’ospedale che è uno scivolo, scivola per l’appunto verso i ricordi. Ci racconta la propria infanzia, l’adolescenza, la vita stessa, sentiero faticoso e scosceso, andirivieni di cadute e risalite. […] Fantine sprigiona energia vitale: fa piroette, danza, canta ardenti brani rap composti di allitterazioni, assonanze e paronomasie, rime senza note, basi ritmiche cadenzate. Una vena ironica di fondo contribuisce a esorcizzare il dolore, la nostalgia dell’amore, i miasmi della vita metropolitana.»
VINCENZO SARDELLI, Krapp’s Last Post, 05/03/2018

«[…] servomutoTeatro dal colosso di Victor Hugo estrapola elementi nevralgici, scelti ed essenziali, ricomponendoli in uno spettacolo dall’efficacia sorprendente, considerata anche la giovane età dell’ideatore e regista e della bravissima attrice Sara Drago, diplomati all’Accademia dei Filodrammatici solo qualche biennio fa. Ce la racconta bene, Mariniello, evocando situazioni narrative e avvalendosi di un giusto mix linguistico fatto di slang, provocazione e ironia, di colori e di un ritmo, che, nei momenti salienti spontaneamente sfocia in un sincopato dalla rima a volte ardita, fino ad esplodere in un azzeccatissimo rap, idioma quanto mai appropriato per respirare quel Sitz-im-Leben. E ce lo restituisce in modo mirabile la Drago, la cui mimica, prossemica, tensione, modulazione vocale e capacità recitativa, con gli stessi candore e naturalezza quanto mai ipnotici della drammaturgia, ci accompagnano in un inferno, che suscita più simpatia e misericordia che condanna.»
FRANCESCA ROMANA LINO, FattidiTeatro, 20/02/2018

«Nella riscrittura di Mariniello Fantine diventa perfetta sintesi tra le tensioni di Victor Hugo e le non meno universali inquietudini di una figlia del nostro tempo alle prese con la disperazione del quotidiano: tragedia e commedia si alternano nella recitazione di una Sara Drago che definire stupenda è forse riduttivo. Muovendosi con incredibile sicurezza tra differenti registri espressivi, dallo slang alla rima passando per il rap quanto mai attuale, impressionante in presenza e maturità scenica assai rare per la sua generazione, la trentenne brianzola ha fatto del personaggio una sua seconda pelle, meritando i numerosi applausi tributati con calore dall’attento e divertito pubblico.»
ROBERTO CANAVESI, teatroteatro.it, 14/04/2019


Un nome che è tutto un programma, servi muti, silenziosi e umili al servizio del buon teatro.
ANGELA VILLA, dramma.it, 29/10/2018

Polvere

«[…] pochi e semplici sono gli oggetti in scena e i costumi, capaci, però, di trasformarsi all’occorrenza, implicando un coinvolgimento diretto dello spettatore, che, per colmare l’assenza di dettagli, è costretto ad utilizzare la fantasia, compiendo un’operazione che lo avvicina alla protagonista e alla prospettiva fanciullesca. […] Drammaturgia, gestualità, scenografia e accompagnamento musicale procedono verso la semplicità, la linearità e l’originalità: si percepisce chiaramente la ventata di freschezza portata in scena da una compagnia giovane ma già affermata e pluripremiata – solo per questo spettacolo molti e importanti sono i riconoscimenti ricevuti, come il Premio Tagad’Off per l’allestimento o il Premio Giovani Realtà del Teatro per il monologo – che si dimostra sensibile ai temi e ai linguaggi della contemporaneità.»
ANGELICA ORSI, Milanoteatri, 05/11/2018

«La compagnia servomutoTeatro con lo spettacolo Polvere è il vincitore assoluto della seconda edizione del Premio Marcello Primiceri, dedicato al fondatore di Astragali Teatro. […] Lo spettacolo […], con Marzia Gallo, per la regia di Michele Segreto, racconta in maniera sensibile e delicata il tema della perdita (in questo caso della madre) attraverso l’esperienza di una bambina. La perdita diventa un elemento pulviscolare, impercettibile e impalpabile, presente nella vita di ognuno, come polvere, polvere dei corpi. La memoria si snoda nella narrazione di un’infanzia che elabora l’assenza nell’esperienza quotidiana e concreta degli affetti, dove la nuova vita a cui si dà la luce, segna un percorso ciclico di continuità tra chi resta e chi non è più, dove il dolore diventa possibilità di trasformazione. Nella interpretazione coinvolgente e a tratti toccante di Marzia Gallo, lo spettacolo si distingue per un suo tocco leggero e luminoso, capace di evocare emozioni e rammemorazioni.»
Motivazioni della Giuria, Premio Marcello Primiceri 2019

«Polvere di servomutoTeatro parte da una non semplice ricerca drammaturgica: la scrittura scenica – curata dall’attrice Marzia Gallo con il regista Michele Segreto – assorbe il punto di vista di una bambina alle prese con una fase importante della sua crescita, riportandone mimeticamente ingenuità e scoperte. La composizione testuale sembra procedere in simbiosi con la pratica attorale, accompagnando l’interprete nel difficile obiettivo di calarsi nei panni della piccola protagonista senza cedere al rischio della caricatura.»
CAMILLA LIETTI, FRANCESCA SERRAZANETTI, Stratagemmi.it

«Tante sfide: la prima nazionale dopo l’assegnazione, nel 2015, del Premio alle Arti Petroni di Residenza IDra. l’adattamento teatrale di un romanzo e, per Marzia Gallo, quella di farsi piccola – i capelli raccolti in una lunga treccia e le calze fino al ginocchio – per scavare nel dolore di un lutto primario e “riportare in scena, in modo plausibile; il corpo, la voce e il pensiero di una bambina”. Tutte sfide, dichiarate nelle note di regia, che servomutoTeatro ha vinto, venerdì sera, al Mo.Ca. in città con il debutto, per Wonderland Festival, di Polvere».
ELISA FONTANA, Giornale di Brescia, 03/12/2016

«La scelta […] di costruire lo spettacolo sullo scambio di battute tra due voci che non si sentono è molto riuscita. Da una parte c’è la presenza viva dell’attrice che racconta le sue giornate al collegio o a casa del nonno, dall’altra c’è la voce-off della madre assente che si rivolge (forse) alla figlia. Allo spettatore il compito di realizzare la sintesi, di unire in qualche modo queste due voci parallele. Ed è proprio lo sguardo del pubblico a rompere “a dovere” il ritmo binario su cui si regge lo spettacolo. Oltre a vincere il concorso [Tagad’Off, N.d.r] Polvere si aggiudica una menzione per il migliore allestimento scenico. Pochi, e semplici, gli oggetti in scena – un’enorme sedia, un piccolo sgabello, un cappello, una radio – ma capaci di trasformarsi all’occorrenza e di creare velocemente nuovi spazi e atmosfere.»
VALENTINA SORTE, PAC – Magazine di Arte e Culture, 27/06/2016

«C’è un’ombra di nero nel racconto della bambina (la brava Marzia Gallo), un suono sinistro che non svela l’indicibile ma lo anticipa, lo dispone ormai lungo il binario che lo pronuncerà al nostro ascolto. Su una “gigante sediolina”, da cui la piccola impara e considera il proprio rapporto con il mondo dei grandi, il suo sguardo si raccoglie di dolcezze tradite e pur tanto bramate, il racconto di paesaggi, luoghi in cui la polvere si annida silente.»
SIMONE NEBBIA, Teatro e Critica, 17/12/2016

«Bello vedere un monologo ben costruito dove tutti gli elementi che lo compongono risultano in armonia: Polvere, della compagnia servomutoTeatro.
[…] Liberamente tratto da: “Se è una bambina” di Beatrice Masini, la drammaturgia di Marzia Gallo e Michele Segreto ricostruisce, con parola teatrale fluida e scorrevole le pagine del libro, il lessico immediato, il fiume in piena tipico dei discorsi dei bambini, il dialogo immaginario fra la figlia e la madre. La protagonista è proprio una bambina che si interroga sulla morte della madre, sulla guerra e i bombardamenti. Marzia Gallo è molto brava nel farci vedere quella bambina, con sguardi e gestualità tipiche del mondo dell’infanzia, senza mai cadere nel ridicolo che è uno dei rischi più comuni quando gli attori recitano personaggi-bambini. […] Gli interventi musicali sono costruiti con saggezza, la regia di Michele Segreto lavora in modo creativo sui simboli scenici: oggetti, musiche, parole, gesti, sono distribuiti in modo scorrevole, senza mai appesantire, e con ironia. Al di fuori di una collocazione storica precisa, la scena sembra persa in un tempo indefinito, perché ogni guerra, ogni evento drammatico, ci lascia muti.»
ANGELA VILLA, dramma.it, 29/10/2018

«Interessante l’operazione drammaturgica di Marzia Gallo (anche interprete) e Michele Segreto che elaborano liberamente il testo teatrale a partire dal racconto di Beatrice Masini “Se è una bambina“, ripulendolo (e quindi rendendolo scenicamente più efficace) rispetto alle dinamiche del racconto originale. Nasce così Polvere
ANNA ALEMANNO, agendaviaggi.com, 21/11/2018

«A Polvere per l’accuratezza e la precisione grazie a cui l’attrice ha dimostrato innegabili abilità in un gioco scenico semplice e ricco allo stesso tempo.»
PREMIO MIGLIOR MONOLOGO, Giovani Realtà del Teatro 2016

«In una scenografia scarna ed essenziale, Marzia Gallo interpreta una curiosa e vivace bambina che cerca di affrontare la scomparsa della madre, avvenuta in un tragico bombardamento, attraverso l’ironia, l’allegria e la sincerità, uniche armi in grado di sconfiggere il trauma innominabile della morte, il più grande tabù della società occidentale. Liberamente ispirato al romanzo “Se è una bambina” della pluripremiata Beatrice Masini, questo spettacolo riesce a toccare le corde più profonde dell’anima con la brutalità incalzante dello sguardo infantile, che rompe le barriere costruite dalla società, per mostrare tutto lo squallore e la desolazione del nostro mondo. Solo rivelando il reale aspetto delle cose è, infatti, possibile trovare una chiave per superare le nostre paure.»
ANGELICA ORSI, Milanoteatri, 04/08/2019


[servomutoTeatro è] Una compagnia giovane ma già affermata e pluripremiata […] che si dimostra sensibile ai temi e ai linguaggi della contemporaneità.
ANGELICA ORSI, milanoteatri.it, 05/11/2018

Non un’Opera Buona

«È uno spettacolo impegnato e storicamente costruito nel dettaglio quello che servomutoTeatro porta in scena ai Teatri del Sacro. Non un’Opera Buona indaga la figura enigmatica e controversa di Martin Lutero, rendendola fruibile a un pubblico lontano nel tempo e nelle idee.»
CLAUDIO CAPPONI, TeatroeCriticaLab, 10/06/2017

«E poi c’è la letteratura, c’è la storia con tutta la sua complessità. [servomutoTeatro ha] preso spunto dal quinto centenario della Riforma luterana per rappresentare in Non un’Opera Buona un Lutero tanto impetuoso quanto convincente»
ALESSANDRO ZACCURI, Avvenire, 11/06/2017

«Lo spettacolo teatrale Non un’Opera Buona, della compagnia servomutoTeatro, […] con toni e personaggi a volte volutamente grotteschi […] si sofferma su Lutero come uomo comune, rappresentato ormai vecchio e dedito al vino, contraddittorio a suo modo. Che come tutti gli uomini comuni indulge in vizi e compromessi, senza però che questo incrini minimamente il valore del suo pensiero e della sua opera.»
GIOVANNI GIUSTI, La Galassia Luther incanta il Conservatorio Santa Ceciliahttp://www.goethe.de

«La regia di Michele Segreto, e prima ancora il testo, giocano […] sull’incoerenza e la debolezza umana, un’incoerenza che è anche postulato scenico, finzione di attori di un tempo d’oggi che giocano al gioco del personaggio, all’equivoco, all’essere e non essere: una continuità scenica spinta, nella quale il dialogo fra “l’ora e l’allora” è nella recita di questi personaggi in cerca d’autore, di fronte al copione videoproiettato alle loro spalle. Piccoli personaggi del teatro, grandi personaggi della storia. Sembrano quasi miniature umane; una bella idea del regista che con la compagnia ha inanellato ormai diverse regie, confermando uno sguardo interessante […]. Un organizzatore rigoroso dello spazio scenico e del lavoro sugli attori, che inizia a confezionare prodotti non banali, non pasticciati e che anche in questo caso porta i quattro interpreti a un’interessante amalgama.
Forse un po’ spinto, in questa pièce, il confronto ideologico – anche nel suo tono pop – proposto attraverso le videoproiezioni, ma in fondo il succo dello spettacolo non è in questo, bensì proprio nel tentativo di raccontare la debolezza dell’Uomo, le sue contraddizioni, al cospetto della Storia. E la cosa riesce.»
RENZO FRANCABANDERA, PAC – Paneacquaculture 23/10/2018

«Quattro attori […] si muovono su un palco disadorno che accoglie un grande schermo su cui scorrono Gramsci, Zapata, Gandhi, il Che e piazza Tienammen e con rapidi cambi di abiti ed accessori danno vita e voce a vari personaggi che rappresentano diversi punti di vista tra botta e risposta (anche teologici: Chi è eretico? Chi travisa o chi non accetta supinamente?): tra tutti emerge la figura della moglie Katherina che sintetizza così il suo rapporto con Lutero “Le sue parole erano i miei dubbi messi per iscritto”. Una figura controversa ma fondamentale dal punto di vista teologico, storico e umano, con tutte le sue fragilità, dubbi e incoerenze che raggiungono l’apice nella domanda finale (rimasta senza risposta): arrendersi o combattere?»
MONICA MACCHI, oubliettemagazine.com

«Non un’Opera Buona è uno spettacolo teatralmente assai riuscito, ben recitato, costruito in maniera intrigante, come un’inchiesta che considera più punti di vista. […] Tanti input e domande in questo spettacolo, le cui ragioni profonde si aggrovigliano. La forza sta nella costruzione a quadri, nella distorsione teatrale realizzata con l’abilità degli attori, con la voce effettata metallica grazie a microfono e compressore, con l’uso del riverbero, mescolando le frequenze con l’equalizzatore, utilizzando il distorsore e l’autotune a creare personaggi deformi e situazioni grottesche.»
VINCENZO SARDELLI, Krapp’s Last Post, 29/09/2021

«Ed è davvero un Lutero fortemente moderno, quello che servomutoTeatro prova a raccontare […]. Del resto, la cifra stilistica della messa in scena sta sotto il segno del minimalismo più rigoroso (niente scenografie, solo un baule e qualche sedia) e della contaminazione ricercata con il linguaggio audiovisivo: gli attori recitano brandendo il microfono, le scene sono puntellate da proiezioni video ad alta velocità, il mixer audio è bene in vista e viene adoperato per distorcere “diabolicamente” la voce nell’esilarante monologo/show delle indulgenze.»
AMELIA NATALIA BULBOACA, Gagarin Magazine, 20/09/2022

«Non un’Opera Buona di servomutoTeatro, su drammaturgia e regia di Michele Segreto, porta alla ribalta il controverso rapporto tra Martin Lutero e Melantone, còlti nella difficile opera di mediazione tra teologia e politica, sottomissione e rivolta. Roberto Marinelli e Michele Mariniello, Marco Rizzo e Camilla Violante Scheller indagano tra le pieghe della storia, dal tardo Rinascimento alle pagine più tragiche del Novecento, martellando interrogativi affidati allo spettatore.»
GIUSEPPE MONTEMAGNI, Hystrio – trimestrale di teatro e spettacolo, 4/2022 Anno XXXV